giovedì 19 marzo 2009

Zebedì


Il trillo fastidioso irrompe nella stanza e a nulla vale più rigirarsi sul cuscino. Sette e trenta, ora di alzarsi. Tra il sogno e la realtà mi rendo conto di avere dormito poco, e mi ricordo della serata prima passata in discoteca fino alle luci dell’alba. Certo, era venerdì sera… Venerdì! Ma allora mi sto sorbendo quel concerto di alte frequenze inutilmente, tradito dal mio Nokia N95 che prima di questo momento aveva sempre saputo di non dovermi disturbare il sabato mattina!

Agguanto in malo modo l’apparecchio e controllo il datario per capire quale fosse stato l’errore. Ed ecco l’errore. Non segnava ancora sabato, e neanche venerdì; ma zebedì. Zebedì ventuno Marzo. Stordito, cerco di capire se si tratti di un sogno o se sia la realtà, ma tutto intorno a me è fin troppo reale; la luce opaca di una giornata piovosa che filtra dalla finestra, il rumore del traffico fuori in strada, il vociare delle persone che vanno al lavoro. Rimango interdetto a lungo, poi il cellulare ricomincia a trillare: sette e cinquanta, i primi venti minuti del mio zebedì mattina sono già passati.

Start me up dei Rolling Stones mi avverte della telefonata in arrivo; rispondo al cellulare e mi apostrofa uno dei miei collaboratori: - Ah bello! Scusa se ti chiamo a quest’ora, ma sono bloccato a Perugia tutta la mattina e non posso essere alla verifica. – Conto quattro secondi di silenzio e interrompo un “pronto mi sent...?”: - Verifica?

- Sì, la verifica per il nuovo impianto, era programmata per oggi, no?

- Che giorno è oggi?

- Ah ma sei sveglio o no ancora? Oggi è zebedì.

- Certo... zebedì.

La doccia non lava via il senso di inquietudine né mi restituisce le quattro ore di sonno mancato, e mi reco in ufficio ancora stordito. Un quarto d’ora di ritardo, e già l’attività frenetica dello zebedì mattina mi coglie impreparato: - Svelto, l’ispettore ti aspetta in sala riunioni! – Mi grida dietro la segretaria. Entro in sala senza neanche togliermi il soprabito e mi riceve l’ispettore, visibilmente urtato. La puzza di sigarette nazionali denuncia il suo vizio.

– Ah eccoci, possiamo cominciare allora. Vorrei procedere all’esame documentale.

Cerco una scusa per non tradire la mia impreparazione all’ispezione in corso.– Che documenti vuole vedere per primi? – Quello mi guarda con finto stupore e mi risponde a labbra strette: - Tutti. A cominciare dalle registrazioni di oggi, zebedì.

Esco dalla sala sconcertato, sperando di trovare qualche lume in agenda: la apro, giovedì.. venerdì.. zebedì. Ispezione di Igiene Aziendale, preparare campioni per fare prelievi nei bagni. Non avevo mai fatto una ispezione del genere, prima di questa mattina. Prima di questo zebedì mattina, a dirla tutta. Alzo lo sguardo e vedo alcuni tamponi già pronti per i prelievi. Il pensiero di andare a pennellare gli spigoli dietro ai cessi mi fa venire un conato di vomito… non posso proprio farlo.

Esco dall’ufficio, e spero di svegliarmi: non può essere altro che un incubo.. ma sì… un incubo dal quale non riesco a svegliarmi. Risalgo in macchina e mi accingo alla manovra, ma la macchina risponde male, sobbalza. Ho bucato. E sta piovendo ancora più forte. Dannato zebedì, se non ci fossi stato tu starei ancora dormendo nel mio sabato mattina. Intralcio il traffico, e si ferma una volante della polizia: - Patente e libretto, per favore. Ma non ha visto? Il bollo scadeva venerdì, ed oggi è zebedì, lo sa?.

- Lo so.

Mi fanno il verbale, intanto sono fradicio perché non ho un ombrello in macchina e con lo sporco delle ruote da cambiare ho una specie di fanghiglia scivolosa nelle mani. Mi pulisco sui pantaloni, li porterò in lavanderia, magari me li fanno in una settimana. Magari prima di zebedì prossimo. Mi squilla il telefono; è l’ufficio, sarà l’ispettore che mi sta cercando… - Pronto?

Alzo gli occhi, faccio solo in tempo a vedere l’autoarticolato che non riesce a frenare mentre mi viene incontro.

Il telefono continua a squillare; ma non è la suoneria del telefono, è il solito trillo della sveglia. Apro gli occhi. Salto giù dal letto e afferro il telefono, controllo la data in preda al panico. Sabato. Sono le dieci e mezza, l’ora giusta per svegliarmi di sabato. Cado a sedere, felice, sulla sponda del letto, e mi accorgo di sudare ancora freddo mentre sorrido per quel frenetico, curioso zebedì mattina.

Intanto arriva un SMS. Leggo: “Ciao, ho saputo di ieri, che fortuna che hai avuto, spero tutto bene. Avevo chiamato in ospedale ma ancora non ti eri svegliato. Io torno zebedì prossimo, ci vediamo, un bacio.”