Quel giorno sarebbe entrato nel Kahal. Il pensiero ossessivo era ormai scolpito nella sua mente, e ondate di calore pervadevano e anestetizzavano le sue viscere ogni volta che ripeteva a se stesso quale fosse il suo destino. Così indossò il Kun-Ham, la sorta di bisaccia che tutti gli appartenenti al Fei-Ham tenevano legata alla base del ventre. Solo che quel giorno era riempita con una unità di peso locale e mezza della polvere del fiore giallo, uno dei più potenti veleni che si potesse trovare nella terra di Kun; respirarne solo una microunità conduceva al blocco del sistema nervoso e la respirazione veniva arrestata fino alla morte. Cercava di non focalizzare la sua attenzione sul fatto che anche lui sarebbe stato sottoposto all’atroce agonia, insieme alle centinaia di Kanditi che avrebbe tolto dalla faccia del pianeta. L’importante era ribadire che la superiorità del suo dio, cioè la versione di Kun che i suoi genitori gli avevano descritto quando aveva raggiunto la mezza altezza. La maggior parte dei Kanditi credevano che Kun fosse di razza Kandita, mentre a lui, della minoranza Cremisi, avevano spiegato che Kun era anch’esso un Cremisi. Inoltre il Kun dei Kanditi dispensava succo di Ropo per ringraziare delle offerte coloro che facevano dono di pani nutritivi ai sacerdoti del dio, mentre i Cremisi ricevevano la ben più prestigiosa considerazione dei sacerdoti Cremisi nelle loro preghiere. Mollok sapeva di dover rinunciare ad una incerta felicità da vivo, comunque probabile visto la agiatezza dei sui parenti, per una felicità sicura una volta nel Kahal. Lì i pani nutritivi si raccoglievano già maturati, e spruzzati di essenza di Ropo. Sull’essenza di Ropo i sacerdoti Cremisi insistevano molto, perché il succo sacro veniva da sempre dato ingiustamente ai Kanditi. Questi ultimi vivevano generalmente felici ma ignari del fatto che il Kahal, a loro, era precluso. Anzi, credevano che fosse precluso ai Cremisi. Finalmente, tra non molto, sarebbe stato circondato solamente di Cremisi, nel Kahal. Questo pensiero lo accompagnava sulla strada dell’insediamento abitativo che portava alla frazione abitata dai Kanditi. Il Kandita che stava venendo verso di lui possedeva anch’esso un Kun-Han legato al ventre, e Mollok lesse subito nei lineamenti dell’altro la stessa decisa serenità che stava provando lui stesso, e capì subito che anche le intenzioni erano, pur essendo opposte, analoghe. In meno di un millesimo di giorno maturò la convinzione che sarebbe stato altrettanto degno di merito se invece di uccidere cento Kanditi avesse salvato cento Cremisi, e così afferrò la sua lama uncinata e ruppe il sigillo del Kun-Ham, proprio mentre anche il Kandita eseguiva con lo stesso fervore, la stessa operazione. Così per la prima volta sentì l’odore del fiore giallo, acre e pungente, e non era dolce come gli avevano descritto. Il Primo Sacerdote in persona gli aveva spiegato che Kun compariva a coloro che annusavano la polvere del fiore giallo, che rimanevano così estasiati dalla visione da non sentire gli spasmi del proprio ventre alla ricerca di aria da respirare. Eppure adesso sentiva atroce ogni spasmo, e dai lineamenti dell’altro capiva che neanche l’altra versione di Kun era comparsa per alleviare il dolore del Kandita. Quando tutti gli spasmi si sommarono insieme in una rigida immobilità, prima di morire, per la prima volta si chiese su cosa altro si stesse sbagliando il Primo Sacerdote.
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