venerdì 27 dicembre 2024

Manu e Matsya: il Diluvio Universale nel racconto Indù


La mitologia indiana offre una narrazione affascinante del diluvio universale attraverso il racconto di Manu e Matsya, il pesce divino. Questo mito, profondamente radicato nella tradizione vedica e puranica, si distingue per la sua ricchezza simbolica e la profondità delle sue interpretazioni filosofiche, presentando al contempo notevoli paralleli con altre narrazioni di diluvio universale presenti in diverse culture.
 
Le Fonti del Mito

Il racconto si trova in molteplici fonti della letteratura indiana, ciascuna delle quali contribuisce a arricchire e stratificare il significato del mito. La versione più antica è contenuta nel Śatapatha Brāhmaṇa, un testo vedico associato al Yajurveda, databile intorno al IX-VIII secolo a.C. In questo testo, viene descritta la prima interazione tra Manu, progenitore dell'umanità, e il pesce divino che lo avverte del diluvio imminente.

Il Mahābhārata, composto tra il IV e il II secolo a.C., riprende il mito come esempio paradigmatico di devozione e rettitudine, presentando Manu come il primo uomo e progenitore della nuova umanità. Una versione più elaborata compare nel Bhāgavata Purāṇa, testo del X secolo d.C., dove il pesce viene esplicitamente identificato come un'incarnazione (avatāra) di Vishnu. In questa versione, il pesce non si limita ad avvertire Manu del diluvio, ma assume un ruolo attivo nel guidare l'arca durante la tempesta, legandola al proprio corno con una corda sacra.

Un elemento significativo introdotto in questa versione è il salvataggio dei Veda, i testi sacri, dalle forze del caos rappresentate dal demone Hayagriva, sottolineando così l'importanza della preservazione della conoscenza sacra per la continuità dell'ordine cosmico. Il Matsya Purāṇa dedica un intero capitolo al racconto del diluvio, enfatizzando il ruolo di Vishnu come protettore dell'universo. Questo testo, strutturato come un dialogo tra Manu e Matsya, comprende circa 14.000 śloka (versi), equivalenti a oltre 250.000 parole, rappresentando così la versione più estesa del mito disponibile.
 
Sinossi del Mito

La narrazione inizia con un evento apparentemente ordinario: mentre il Re Manu sta eseguendo il suo bagno rituale nelle acque del fiume, scorge un piccolo pesce che gli si avvicina chiedendo protezione dal pericolo di essere divorato dai pesci più grandi. Manu, mosso da compassione, accoglie il pesce in un piccolo vaso d'acqua. Da questo momento inizia una straordinaria sequenza di eventi: il pesce cresce continuamente, richiedendo contenitori sempre più grandi. Da un piccolo vaso viene trasferito in uno più grande, poi in un laghetto, quindi nel fiume stesso e infine nel mare.

Quando il pesce raggiunge dimensioni gigantesche, rivela la sua vera natura: è Vishnu stesso, il Signore Supremo, che ha assunto quella forma per salvare Manu e aiutarlo a preservare la creazione. Avverte quindi Manu dell'imminente diluvio e gli fornisce istruzioni precise: dovrà costruire una nave sufficientemente grande da contenere i sette saggi (Saptarishi), i semi di tutte le varietà di piante e alberi, e coppie di ogni specie animale. Nulla di vitale per il rinnovamento del mondo deve andare perduto.

Vishnu promette di guidare personalmente la nave attraverso le acque tempestose, indicando a Manu di legarla al suo corpo con una corda d'oro. Quando il diluvio avrà fine, la nave verrà condotta sulla cima della montagna Meru, dove i sopravvissuti troveranno rifugio. Manu segue scrupolosamente le istruzioni divine e, quando il diluvio inizia, le acque sommergono ogni cosa. La nave, protetta da Vishnu, rimane intatta mentre il pesce divino la guida attraverso le acque tumultuose.
 
La ricostruzione del racconto

Ecco una versione integrata dei racconti del diluvio contenuti nel Matsya Purana e nel Vana Parva del Mahabharata, unendo gli elementi principali di entrambi i testi in un unico racconto.

In tempi antichi viveva un uomo santo, chiamato Manu, il quale, grazie a penitenze e preghiere, aveva conquistato il favore del Signore del cielo. Era noto per la sua rettitudine e la sua devozione, e un giorno, mentre si lavava le mani con l’acqua portata per le abluzioni, accadde un evento straordinario: un piccolo pesce apparve tra le sue dita e, con voce umana, disse: "Prenditi cura di me, e io sarò il tuo salvatore."

Manu, stupito, domandò: "Da cosa mi salverai?"
Il pesce rispose: "Un grande diluvio si abbatterà sulla terra e spazzerà via tutte le creature viventi. Ma io ti salverò da quella distruzione."

Incuriosito e commosso, Manu chiese: "E come posso proteggerti?"
Il pesce spiegò: "Finché siamo piccoli, siamo in costante pericolo di distruzione, perché i pesci mangiano altri pesci; dunque tienimi in un vaso. Quando diventerò troppo grande per il vaso, scava un fosso e metti me lì; quando supererò anche il fosso, portami nell'oceano. Lì, sarò fuori pericolo."
Manu seguì le istruzioni del pesce. Lo mise dapprima in un vaso, poi, man mano che cresceva, scavò un fosso per ospitarlo. Infine, lo portò nell'oceano, dove il pesce si rivelò essere una forma del dio Vishnu. Il pesce, che aveva ormai raggiunto dimensioni enormi, parlò di nuovo a Manu: "In un determinato anno, il diluvio arriverà. Costruisci una nave capace di affrontare le acque turbolente e rendimi omaggio. Quando l’acqua salirà, sali sulla nave, e io ti guiderò verso la salvezza."

Manu lavorò instancabilmente e, quando l’anno predetto arrivò, era pronto. Costruì una grande nave e vi portò semi di ogni pianta, oltre ai sette saggi (sapta rishi), come gli era stato indicato. Quando il diluvio iniziò a sommergere la terra, il pesce apparve. Aveva un grande corno dorato, al quale Manu legò la corda della nave.

Le acque si sollevarono fino a sommergere il mondo intero. La nave di Manu fu scossa da venti violenti, le onde si infrangevano furiosamente, e il cielo e l’oceano sembravano fondersi in un infinito caos liquido. Non c’era più terra visibile, né orizzonte; solo l’immensità del mare, con Manu, i sette saggi e il pesce che trainava la nave.

Per anni il pesce instancabile trascinò la nave attraverso le acque turbolente, fino a raggiungere la cima della montagna Himavān. Una volta lì, il pesce si rivolse a Manu con dolcezza: "Lega la tua nave a questo albero sulla montagna. Quando le acque cominceranno a ritirarsi, scendi lentamente seguendole. Sappi che io sono Brahmā, il Creatore di tutto. In questa forma ti ho salvato. Da te, Manu, nascerà una nuova creazione. Sarai il progenitore di uomini, dèi e asura. Tutto ciò che esiste avrà origine da te."

Manu obbedì, legando la nave al punto indicato. Man mano che le acque si ritiravano, egli discese dolcemente dalla montagna, osservando un mondo purificato e pronto per una nuova creazione. Così, dal grande diluvio, solo Manu, i sette saggi e il pesce rimasero come custodi del futuro, preservando la conoscenza, la vita e l’ordine cosmico.
 
Le Interpretazioni Filosofiche

Il mito ha attirato l'attenzione di importanti commentatori filosofici, che ne hanno esplorato i significati più profondi. Tra questi, Śaṅkara e Rāmānuja hanno offerto interpretazioni particolarmente significative, basate sulle loro rispettive visioni filosofiche.

Śaṅkara, uno dei più influenti filosofi indiani, è noto per la sua dottrina dell’Advaita Vedānta, che afferma l’unità assoluta di Brahman (la realtà suprema) e l’anima individuale (Atman). La sua interpretazione del Matsya Purāṇa si concentra principalmente sull’aspetto simbolico della manifestazione divina.

Śaṅkara vede la manifestazione di Vishnu come pesce (Matsya) come un atto simbolico di Brahman che si manifesta nel mondo per guidare l’umanità attraverso le acque turbolente dell’illusione (Māyā). In questo senso, il pesce rappresenta la divinità che assume una forma per aiutare le anime a superare le difficoltà del mondo materiale e per raggiungere la liberazione (Mokṣa). Il pesce è visto come una manifestazione temporanea, destinata a essere superata una volta che l’umanità ha compreso la verità ultima di Brahman. Il mito del diluvio, quindi, è un’allegoria della purificazione dell’anima che, attraverso il bene divino, è guidata fuori dalla confusione e dall’ignoranza verso la verità dell’unità assoluta.

il diluvio rappresenta le acque dell’illusione cosmica che sommergono l’anima individuale. La nave di Manu, salvata dal pesce, è un simbolo del corpo umano che può essere guidato dalla saggezza divina (rappresentata dal pesce) verso la salvezza. La vera salvezza non si trova nella protezione fisica, ma nella realizzazione della propria identità con Brahman. In questo senso, Śaṅkara enfatizza che Vishnu, come pesce, non salva fisicamente l’individuo, ma lo guida simbolicamente verso la realizzazione della verità universale. Il mito, quindi, insegna che solo la conoscenza della realtà ultima può liberare l’anima dal ciclo di morte e rinascita (saṃsāra).

In definitiva Śaṅkara considera il ruolo di Manu nel mito come quello di un essere che, attraverso la sua virtù, è in grado di ripristinare l’ordine cosmico. Tuttavia, egli non lo vede come un salvatore individuale. Piuttosto, Manu è simbolo dell’anima individuale che, attraverso la protezione divina, può restaurare la verità e l’ordine sulla Terra, in sintonia con l’universalità di Brahman.

Rāmānuja, un altro grande commentatore, sviluppò la scuola Vishishtadvaita Vedānta, che enfatizza l’unità di Brahman con le sue manifestazioni individuali (tutti gli esseri viventi, incluse le divinità). La sua visione è più personale e teocentrica rispetto a quella di Śaṅkara.

Rāmānuja infatti interpreta la figura di Vishnu (e quindi del pesce) come una manifestazione personale e attiva della divinità. A differenza di Śaṅkara, che vede la divinità come una realtà impersonale, Rāmānuja vede Vishnu come un Dio personale e attivo, che si preoccupa direttamente del benessere degli esseri viventi e interviene nella storia per proteggerli. La manifestazione di Vishnu come pesce non è solo simbolica, ma è un atto divino concreto di salvezza. Vishnu, come divinità suprema, salva Manu e tutte le forme di vita attraverso la sua grazia e misericordia.

Nel sistema di pensiero di Rāmānuja, il diluvio è un atto di misericordia divina. Vishnu, in forma di pesce, interviene per salvare le creature che sono ancora in grado di ricevere la sua grazia, mentre distrugge quelle che sono corrotte e incapaci di seguire la retta via. Rāmānuja sottolinea che, attraverso il suo intervento, Vishnu non solo preserva la vita, ma offre anche una via per la liberazione e la protezione della giustizia divina. Il pesce guida la nave di Manu e garantisce che la salvezza sia accessibile solo a coloro che meritano la grazia divina attraverso il loro comportamento e la loro devozione.

Manu non è solo un salvatore, ma un esempio di devoto che ha ricevuto la grazia divina. Il suo comportamento virtuoso gli consente di ricevere l’aiuto di Vishnu, che lo salva dal diluvio; è simbolo dell’anima devota che, attraverso la fede e il comportamento giusto, ottiene la benedizione e la guida del divino. In questa visione, Rāmānuja enfatizza la relazione personale tra l’anima e Dio, dove Vishnu è il salvatore che guida il devoto alla salvezza. Il mito, quindi, insegna che la devozione e la giustizia sono essenziali per ricevere la protezione di Dio.

Dopo il diluvio, la Terra viene ripopolata e ristabilita, ma questo processo di rinascita avviene grazie all’intervento diretto di Vishnu. Rāmānuja sottolinea che la creazione, in ogni suo aspetto, è sotto la cura e la protezione di Vishnu, che non solo distrugge il male, ma restaura anche l’ordine e la giustizia.

La rinascita dell’umanità e delle specie viventi rappresenta un atto di grazia divina che preserva l’ordine cosmico. Rāmānuja quindi interpreta il mito come un insegnamento che Dio protegge sempre i devoti e ripristina l’ordine universale, non solo fisicamente ma anche moralmente.
 
Il Simbolismo della Crescita del Pesce

La crescita progressiva del pesce divino rappresenta una potente analogia dell'aspirazione cosmica. Questo processo di crescita, che richiede contenitori sempre più grandi, simboleggia diversi livelli di evoluzione spirituale e cosmica. Il pesce che cresce rapidamente rappresenta un processo spirituale o evolutivo che non può essere contenuto o limitato: inizialmente piccolo, simboleggia un potenziale spirituale o divino che, man mano che la coscienza cresce, diventa sempre più potente e difficilmente contenibile.

I contenitori nel racconto (dal vaso al fiume, e poi al mare) sono i simboli dei vari stadi di esistenza o delle limitazioni dell’esperienza terrena. Inizialmente, il pesce vive in un piccolo contenitore, che rappresenta l’ignoranza o la limitazione della percezione umana. Man mano che il pesce cresce, viene liberato da questi spazi ristretti, simboleggiando il percorso di liberazione (moksha) dal confinamento del corpo fisico e dalla materialità, verso una forma di esistenza più vasta e divina. Questo rappresenta il passaggio dalla limitata esistenza individuale alla realizzazione di una realtà più grande e universale. Riflette l’espansione della coscienza dal piano materiale a quello spirituale o cosmico, in cui ogni fase rappresenta un cambiamento nella comprensione e nel controllo della realtà.

È fondamentale notare come in questa fase del mito emerga un aspetto cruciale spesso sottovalutato: il ruolo attivo di Manu nel processo di manifestazione divina. È infatti attraverso le sue azioni consapevoli - l'accettazione di trasferire il pesce in contenitori progressivamente più grandi - che si permette l'evoluzione del divino fino alla sua completa rivelazione come Vishnu. Questo dettaglio è di importanza capitale, poiché suggerisce che l'uomo è mezzo e artefice della manifestazione della divinità salvatrice e, conseguentemente, della salvezza del Cosmo stesso, e rovescia il rapporto di casualità tra l'uomo ed il divino.
 
Infatti Vishnu ha bisogno dell'uomo per trasmutare da una situazione di pericolo nella quale addirittura potrebbe essere divorato dai pesci più grandi, e quindi di sostanziale impotenza di agire se non quella di informare, ad una situazione di salvatore cosmico. L'uomo con le sue azioni realizza sia la potenza che il disegno divino.
 
Confronto con il Mito dell'Arca di Noè

Il confronto con il mito biblico dell'Arca di Noè rivela sia somiglianze che differenze significative. Entrambi i racconti narrano di un grande diluvio che purifica la Terra, ma le modalità, i protagonisti, le motivazioni e i simboli implicati variano notevolmente.
 
Una differenza fondamentale risiede nel ruolo attivo che Manu svolge nel processo di manifestazione divina. Mentre nel racconto biblico Noè è principalmente un esecutore delle istruzioni divine, nel mito indù Manu partecipa attivamente al processo di rivelazione divina attraverso le sue azioni di cura e protezione del pesce che gli si è rivelato. Questa differenza riflette una diversa concezione del rapporto tra umano e divino nelle due tradizioni.
 
Vishnu cala nel piano fisico assumendo attivamente la forma di un pesce per guidare Manu, e in questa forma necessita della protezione dell'uomo per proteggere il cosmo. Nel racconto biblico Dio interviene attraverso il suo Verbo, e senza assumere una forma fisica. Non ha nessun bisogno dell'umanità la cui distruzione è il suo stesso disegno, ma le concede la salvezza istruendo Noè.

Nel racconto indù il diluvio è un evento inevitabile del quale il divino avvisa l'umanità attraverso Manu, proponendosi all'uomo come strumento per  la conservazione dell'ordine universale e non come artefice della distruzione. Nel racconto biblico, il diluvio è invece principalmente un atto di giustizia divina contro la corruzione umana e in questo caso è punizione e, allo stesso tempo, purificazione tant'è che dopo il diluvio, Dio promette di non distruggere mai più la Terra con un diluvio. 
 
In entrambe le versioni, una volta salva, la Terra è purificata e pronta per un nuovo ciclo di vita. Il concetto di rigenerazione è centrale: il diluvio è un’opportunità per rinnovare e ripristinare l’ordine cosmico. Manu, con l’aiuto dei saggi, ricostruisce la civiltà e la rinnova. Nel mito di Noè, dopo il diluvio, la Terra è anch’essa purificata e il mondo riprende a prosperare, anzi, Dio fa un patto con Noè e la sua discendenza promettendo di non punire più la Terra con un diluvio. L’arcobaleno diventa il simbolo di questa promessa divina, e il mito si conclude con un messaggio di speranza e rinnovamento.

Nel Matsya Purana e nel Mahabharata il pesce, che assume una forma divina (Vishnu), rappresenta la salvezza diretta e l’intervento divino. La sua crescita simbolizza l’espansione della coscienza o della potenza divina che è necessaria per la salvezza dell’umanità. La nave è un rifugio materiale, ma il pesce è il vero salvatore. Per Noè l’arca è il rifugio fisico che preserva la vita durante il diluvio. Essa rappresenta la fede e l’obbedienza, ma è l’azione di Dio che consente la salvezza. In questo caso, l’arca è il simbolo tangibile di salvezza, ma la salvezza stessa è affidata all’intervento divino.

Entrambi i miti presentano la storia di un grande diluvio che distrugge il male e purifica la Terra, ma differiscono nel modo in cui il salvataggio avviene. Mentre il mito di Noè si concentra sulla giustizia di Dio e sull’obbedienza umana, il racconto di Manu enfatizza la protezione divina diretta e l’ordine cosmico. Entrambi i racconti, pur essendo narrativamente e culturalmente distinti, esplorano temi universali come la giustizia, la salvezza, il rinnovamento e la rigenerazione della vita sulla Terra.
 
Il Simbolismo del Pesce nelle Tradizioni 
 
Nel contesto indiano, il pesce rappresenta:
- La manifestazione diretta di Vishnu
- Un simbolo di protezione e guida divina
- Il veicolo della salvezza cosmica
- La rappresentazione dell'evoluzione spirituale

Nel cristianesimo primitivo, il pesce (ΙΧΘΥΣ in greco) assume significati particolari:
- Diventa simbolo di Cristo stesso
- Funge da segno di riconoscimento tra i primi cristiani
- Rappresenta la rinascita spirituale
- Si lega al sacramento del battesimo
 
Viṣṇu

Vishnu, una delle principali divinità dell’induismo, è il conservatore e protettore del cosmo, parte della Trimurti insieme a Brahmā (il creatore) e Śiva (il distruttore). Per gli induisti, Vishnu rappresenta l’ordine, la giustizia e la benevolenza. È spesso raffigurato con la pelle blu, simbolo del cielo infinito e dell’oceano cosmico, e con quattro braccia che impugnano attributi simbolici: la conchiglia (shankha), il disco (chakra), la mazza (gada) e il fiore di loto (padma). Viṣṇu è celebre per le sue dieci incarnazioni (avatara), che discendono sulla terra quando il dharma (ordine morale) è minacciato, per ripristinare l’equilibrio. Tra le più conosciute vi sono Rama, Krishna e, appunto, Matsya, il pesce divino. Vishnu
incarna un principio universale di protezione e compassione, rendendolo una figura centrale nella spiritualità indiana, venerata attraverso templi, preghiere e racconti epici come il Mahabharata e il Ramayana.
 
Conclusioni

Il mito di Manu e Matsya rappresenta un complesso intreccio di significati spirituali, cosmologici e morali. La sua ricchezza simbolica, le molteplici interpretazioni filosofiche e i paralleli con altre tradizioni religiose ne fanno un testo fondamentale per comprendere non solo la spiritualità indiana, ma anche i temi universali della salvezza, della purificazione e del rinnovamento che attraversano le diverse culture umane.
 
Il diluvio non è una punizione divina ma un evento catastrofico del quale il dio avvisa l'uomo, e questi attraverso la propria volontà protegge e rende potenza sia al dio che alla sua azione.
La figura di Vishnu emerge come protettore e conservatore del cosmo, incarnando principi universali di protezione e compassione, ma questa protezione divina si realizza pienamente solo attraverso la cooperazione attiva dell'essere umano, rappresentato da Manu, suggerendo una visione della spiritualità in cui divino e umano sono interconnessi in un rapporto di reciproca necessità per la realizzazione del piano cosmico di salvezza e rinnovamento.
 
 
 
LEGGI ANCHE
 
 

 sferoscienza

giovedì 9 novembre 2023

La storia di Deucalione e Pirra, il mito del Diluvio Universale secondo i Greci

Il mito di Deucalione e Pirra

 

Il mito di Deucalione e Pirra racconta la versione greca del diluvio universale. Protagonisti sono Deucalione, figlio di Prometeo, e sua moglie Pirra.

Secondo il mito, gli uomini si erano allontanati dagli dei ed erano diventati empi e malvagi. Zeus, re degli dei dell'Olimpo, decise allora di punirli inviando un grande diluvio per cancellare la razza umana dalla faccia della Terra.

Le Fonti del mito

Nelle Opere e i Giorni di Esiodo (VII secolo a.C.) si fa cenno al diluvio come quinto evento nella successione delle età dell'uomo. Zeus vuole porre fine all'età degli uomini di bronzo, empi e violenti.

Pausania riporta che secondo la tradizione di Ftia, in Tessaglia, Deucalione era figlio di Prometeo e re del paese. Sua moglie era Pirra, figlia di Epimeteo. Erano gli unici giusti rimasti fra gli uomini.

La Fonte Primaria: Ovidio e le "Metamorfosi"

La versione più completa del mito si trova nelle "Metamorfosi" di Ovidio, il poeta romano del I secolo a.C. In questo poema epico, Ovidio narra la storia di Deucalione e Pirra nel contesto più ampio delle trasformazioni divine e delle metamorfosi. Deucalione è descritto come il figlio di Prometeo.

Il mito è narrato estesamente e Prometeo, prevedendo la collera divina, consiglia al figlio Deucalione di costruire una nave capace di resistere al diluvio imminente. Deucalione obbedisce e vi imbarca semente di ogni specie vivente.

Le Voci Antiche: Apollodoro e Igino

Altre fonti che forniscono informazioni sul mito includono le opere di Apollodoro e Igino. Apollodoro, un bibliotecario greco del II secolo a.C., offre dettagli sulla genealogia di Deucalione e Pirra nel suo "Biblioteca"e specifica come Deucalione abbia salvato anche animali su consiglio di sua madre Climene. Igino, un mitografo romano del I secolo d.C., presenta una versione del mito nei suoi "Miti" dove aggiunge che l'arca si fermò sulle cime del Tespiaco in Beozia.

Le Fonti Medievali

Oltre alle fonti greche e latine antiche, il mito di Deucalione e Pirra viene riportato anche da alcune opere medievali:

  • Nelle Etimologie di Isidoro di Siviglia (VII secolo d.C.) si trova una breve menzione del diluvio di Deucalione.

  • Nella Gesta Romanorum (XIII-XIV secolo), raccolta di novelle ad uso dei predicatori, è presente la versione del mito.

  • Boccaccio ne parla nella Genealogia Deorum Gentilium (1350-1374).

  • Geoffrey Chaucer inserisce Deucalione e Pirra nel Legend of Goode Women (1386 circa).

  • Nel XIV secolo l'anonimo poema inglese Ovide Moralisé, adattamento moraleggiante delle Metamorfosi di Ovidio, dedica un capitolo al mito.

  • La Postilla Super Genesis di Nicola di Lira (XIII secolo) accosta il diluvio di Deucalione a quello biblico di Noè.

Queste fonti medievali non aggiungono particolari dettagli nuovi rispetto alle versioni greche e latine antiche, ma servirono a tramandare e diffondere ulteriormente la conoscenza del mito nel Medioevo europeo, anche a fini religiosi e didattici per paragonare il racconto ellenico a quello biblico delle Sacre Scritture.

 La ricostruzione completa del mito basandosi su tutte le fonti disponibili

In un'epoca lontana e mitica, l'umanità era immersa in una corruzione così profonda da attirare l'ira degli dèi. Zeus, il sovrano celeste, decise di porre fine a questa malvagità tramite un diluvio di proporzioni epiche. La sua decisione divina fu annunciata con un decreto che avrebbe sottoposto l'intera terra al dominio selvaggio delle Erinni.

L'annuncio di Zeus suscitò diverse reazioni tra gli abitanti del cielo e della terra. Alcuni dèi approvarono l'intervento, riconoscendo la necessità di porre fine al male dilagante. Altri accettarono semplicemente la volontà del loro sovrano, limitandosi ad acconsentire senza esprimere un giudizio definitivo.

Tuttavia, nel cuore di questa drammatica decisione, sorse un'angoscia diffusa tra gli dèi e gli esseri mortali. La popolazione temeva il futuro di una terra senza mortali, il silenzio negli altari senza offerte e l'incerto destino del mondo, forse abbandonato alle fiere senza il tocco umano.

Il timore di Zeus, che il fuoco sacro avrebbe potuto incendiare l'etere e distruggere l'intero creato, portò il dio a modificare il suo piano originale. Invece di scagliare i fulmini, decise di annientare il genere umano attraverso un diluvio proveniente da ogni angolo del cielo.

Deucalione era figlio di Prometeo, il titano che aveva regalato agli uomini il fuoco rubandolo agli dei dell'Olimpo. Aveva sposato Pirra, figlia di Epimeteo. Nonostante le origini divine, i due vivevano in modo semplice a Ftia, in Tessaglia. 

Prometeo, consapevole della vendetta imminente di Zeus, avvertì Deucalione del pericolo imminente e lo esortò a prepararsi. Deucalione, seguendo il consiglio di suo padre, costruì un'arca per se stesso e per la moglie Pirra. La coppia, dotata di virtù e saggezza, si preparò per il diluvio imminente.

Nettuno, il possente dio del mare e fratello di Zeus, fu chiamato per eseguire la volontà divina. Convocò i fiumi e ordinò loro di liberare le loro acque, travolgendo ogni cosa sulla loro strada. Il suo tridente, simbolo del potere marino, colpì la terra, facendola tremare e aprendo un varco per un fiume di acqua incontenibile.

I fiumi, straripando con impeto, irruppero nella vasta campagna travolgendo ogni cosa sul loro cammino. Seminati, piante, greggi e persino uomini furono inghiottiti dalla furia delle acque. Le onde tumultuose non risparmianrono nulla, penetrando nelle case, abbattendo tetti e sommergendo santuari sacri.

Anche le poche abitazioni che resistevano alla violenza delle acque non poterono sfuggire completamente al loro abbraccio. Sebbene alcune case avessere retto, la forza dell'acqua le sommerse fino alle cime, mentre le torri scomparirono nella stretta presa dei gorghi.

La distinzione tra mare e terra si dissolse, lasciando dietro di sé un panorama uniformemente coperto d'acqua, un mare senza limiti. Un uomo guidava la sua imbarcazione verso una collina emergente, mentre un altro remava su un rudimentale scafo che una volta rea un aratro. Altri navigavano tra i campi sommersi o sul tetto di una villa precedentemente fiorente, catturando pesci dalle cime degli alberi.

L'ancora poteva conficcarsi casualmente nel verde dei prati, la chiglia poteva sfiorare le vigne appena sotto la superficie. Dove un tempo pascolavano caprette agili, ora giacevano foche con corpi informi. Sott'acqua, le Nereidi, divinità del mare tranquillo e benigne agli uomini, osservavano con stupore boschi, città e case, mentre i delfini si aggiravano tra gli alberi scossi dalla corrente.

Un lupo trascinato dalla corrente nuotava tra greggi di pecore, mentre leoni e tigri lottavano invano contro la forza dell'acqua. I cinghiali non potevano sfruttare la loro forza fulminea, e gli agili cervi  erano travolti senza speranza. Gli uccelli, esausti dopo aver cercato invano una terra su cui posarsi, precipitavano stremati in mare.

La furia del mare si riversò sulle alture, con onde che si infrangevano contro i picchi dei monti in una scena mai vista. La maggior parte degli uomini fu travolta dai marosi, e coloro che sopravvissero furono alla mercé del digiuno, privati di cibo dalla lunga inondazione.

I giorni di tempesta furono seguiti da notti oscure e silenziose, con il fragore delle onde che copriva ogni suono. La furia del mare si estese fino alle alture, coprendo i picchi montuosi con il suo manto implacabile. L'umanità, incapace di resistere alla tempesta e priva di cibo, fu travolta dalla forza distruttiva delle acque.

All'apice della devastazione, Zeus decise che era giunto il momento di porre fine al diluvio. Tritone, il messaggero del mare, sollevò la sua conchiglia sonora e soffiò un suono potente. La melodia echeggiò attraverso il cielo, segnalando la ritirata delle acque. L'abisso, che aveva inghiottito ogni cosa, iniziò a cedere terreno, restituendo la terraferma al suo posto.

I fiumi, ritirandosi, svelarono di nuovo i rilievi del terreno, mentre il mare ripristinò la linea di costa e i letti fluviali accolsero di nuovo le acque, anche se ancora rigonfie. La terra emerse gradualmente e i luoghi riacquistarono vita man mano che le acque diminuivano. Dopo la lunga notte, i boschi mostrarono le loro cime spoglie sostenendo ancora residui di fango sui rami.

Il mondo tornò alla sua condizione originaria. Deucalione, osservando la desolazione che si estende nelle distese vuote, si rivolse a Pirra con gli occhi umidi di lacrime. "Sorella mia, moglie mia, unica donna superstite, siamo ora l'intera popolazione di tutte le terre, da levante a ponente. Il mare ha preso tutto il resto. Non possiamo ancora sentirci completamente al sicuro. La visione di quelle nuvole spaventose continua a offuscare la mia mente.

Immagina, poverina, quale sarebbe il tuo stato d'animo se avessi scampato alla morte senza nemmeno me. Come potresti sopportare la paura da sola? Con chi potresti condividere il tuo dolore? Credimi, se il mare avesse inghiottito anche te, ti avrei seguito, moglie mia, e il mare avrebbe inghiottito anche me.

Oh, se solo avessi la capacità di mio padre, di plasmare la terra e darle vita, potrei rifare interi popoli! Ora il genere umano è ridotto a noi due, agli occhi degli dei siamo gli unici esemplari rimasti."

Parlò mentre scorrevano le lacrime. I due decisero allora di pregare le potenze celestiali e cercare aiuto dal sacro oracolo. Si avvicinarono alla corrente del Cefìso, ancora torbida ma che scorreva nel suo letto consueto. Prelevarono dell'acqua e la spruzzarono su capo e vestiti, quindi si diressero verso il tempio di Temi. Il tetto del tempio era sporco di muschio pallido, e sugli altari non c'era fuoco.

Giunti ai gradini del tempio si gettarono in ginocchio, chinandosi fino a toccare il suolo, baciando con timore la pietra gelida. Dissero: "Se le divinità si placano davanti alle giuste preghiere, se l'ira degli dei si calma, o Temi, dicci con quale mezzo possiamo rimediare alla rovina della nostra specie, soccorri il mondo sommerso."

La dea si commosse e pronunciò il suo responso: "Andando via dal tempio, copritevi il capo, slacciate le vesti e gettatevi dietro le spalle le ossa della grande madre." I due rimasero ammutoliti dallo stupore per molto tempo. Poi Pirra fu la prima a rompere il silenzio, rifiutandosi di obbedire e pregando con voce tremante la dea di perdonarla perchè aveva paura di offendere il ricordo di sua madre, disperdendo le sue ossa.

Continuarono ancora a ripetersi le parole oscure e tenebrose del responso dentro di sé, riflettendoci sopra. Improvvisamente, Deucalione, figlio di Prometeo, consolò la figlia di Epimeteo: "Forse m'inganno, ma forse ho capito, e il responso non è empio né ci esorta a nessun sacrilegio. La grande madre è la terra; per ossa, penso, vanno intese le pietre che giacciono nel corpo della terra. Sono queste che dobbiamo gettarci dietro le spalle."

La figlia del Titano fu scossa dall'interpretazione del marito, ma non osavano quasi neanche sperare, trovando questo consiglio divino incredibile. Tuttavia, cosa c'era di male nel tentare? Si incamminarono, si velarono il capo, slacciarono le vesti e lanciarono sassi dietro di loro ubbidendo al responso e seguendo le proprie orme. I sassi, incredibilmente, cominciarono a perdere la loro fredda durezza, ammorbidendosi gradualmente e prendendo forma. Crescendo, divennero più teneri, fino a rivelare forme umane ancora indefinite, simili a statue appena abbozzate nel marmo. Successivamente, iniziando dalle parti più umide e fangose, queste parti cominciarono a trasformarsi in corpo; ciò che era solido e impossibile da piegare si trasformò in ossa, e quelle che erano vene della pietra rimasero vene dove scorreva il sangue.

In breve tempo, per volontà degli dei, i sassi scagliati dalla mano di Deucalione assunsero l'aspetto di uomini, e da quelli lanciati da Pirra rinacquero donne. Per questo siamo una razza robusta e adattata alle fatiche, e le nostre azioni testimoniano la nostra origine.

Epilogo del mito

La nuova umanità, derivante da questo miracolo divino, portava con sé la memoria della devastazione passata e la consapevolezza della responsabilità che gravava su di loro.

Un Confronto tra Deucalione e Pirra, e Noè: Diluvi, Arche e Rinascite

Le leggende di Deucalione e Pirra nella mitologia greca e di Noè nell'Antico Testamento condividono una trama comune di diluvio e sopravvivenza, ma si differenziano nelle loro sfumature teologiche, culturali e simboliche.

Le Origini del Diluvio: Giustizia Divina vs Pentimento Divino

  • Deucalione e Pirra: Il diluvio greco è scatenato dalla giustizia divina di Zeus, rispondendo alla corruzione umana. Deucalione e Pirra, scelti per la loro virtù, sono guidati attraverso le acque tumultuose da Temi, la dea della giustizia.

  • Noè: Nel racconto biblico, il diluvio è una risposta divina al pentimento di Dio di fronte alla malvagità umana. Noè, un uomo giusto agli occhi di Dio, è incaricato di costruire un'arca per preservare la vita sulla Terra.

Costruzione delle Arche: Guida Divina e Obbedienza Umana

  • Deucalione e Pirra: Con il consiglio degli dèi, Deucalione e Pirra costruiscono un'arca in preparazione al diluvio. La guida divina e la loro obbedienza sono essenziali per la sopravvivenza.

  • Noè: Noè, avvertito direttamente da Dio, segue le istruzioni divine per la costruzione dell'arca. La sua obbedienza totale a Dio è fondamentale per la sua famiglia e per la sopravvivenza di tutte le specie.

Scopo dell'Arca: Sopravvivenza vs Rinnovamento

  • Deucalione e Pirra: L'arca di Deucalione e Pirra è concepita principalmente per la loro sopravvivenza. La loro discendenza viene successivamente garantita attraverso il lancio delle pietre consacrate.

  • Noè: L'Arca di Noè è progettata per ospitare Noè, la sua famiglia e una coppia di ogni specie animale. Il suo scopo è non solo la sopravvivenza, ma anche il rinnovamento della creazione.

Conseguenze del Diluvio: Rinascite e Nuovi Inizi

  • Deucalione e Pirra: Dopo il diluvio, il lancio delle pietre dietro di loro simboleggia la rinascita dell'umanità. La nuova generazione emerge dalle pietre consacrate, segnando un nuovo inizio.

  • Noè: Il diluvio biblico segna un nuovo inizio con un patto tra Dio e Noè. Dopo il diluvio, Dio promette di non distruggere mai più tutta la terra con un diluvio, stabilendo l'arcobaleno come simbolo di questa promessa.

Rilevanza Teologica e Simbolica: Giustizia e Promessa Divina

  • Deucalione e Pirra: La leggenda greca riflette la giustizia divina e l'importanza di mantenere l'equilibrio attraverso la purificazione. Il lancio delle pietre simboleggia la rinnovata connessione tra l'umanità e la terra.

  • Noè: Nel contesto biblico, il diluvio è una manifestazione della giustizia e, contemporaneamente, della promessa divina di non distruggere più la Terra in questo modo. L'Arca rappresenta la salvezza attraverso la fede e la promessa divina.

Conclusioni

Mentre entrambe le leggende condividono il tema del diluvio e dell'arca, differiscono nelle loro prospettive culturali e teologiche. Il mito di Deucalione e Pirra enfatizza la giustizia divina e la rinascita attraverso la connessione con la terra, mentre il racconto di Noè sottolinea la promessa divina e la salvezza attraverso la fede. Entrambe, tuttavia, offrono preziose riflessioni sulla resilienza umana e la speranza di un nuovo inizio dopo la tempesta.

 

LEGGI ANCHE
Il Diluvio Universale: Un Mito Universale tra Convergenze e Divergenze Culturali
Manu e Matsya: il Diluvio Universale nel racconto Indù

 

 

sferoscienza

giovedì 12 ottobre 2023

Il Diluvio Universale: Un Mito Universale tra Convergenze e Divergenze Culturali

 
Il mito del diluvio, una narrazione che si snoda attraverso i secoli e le civiltà, rivela connessioni profonde tra le culture antiche. Mentre la Mesopotamia è spesso indicata come la sorgente primaria di questo racconto, la sua ubiquità sottolinea un tema mitologico che ha attraversato confini geografici e culturali, unificando e distinguendo allo stesso tempo le diverse civiltà del passato.

Le Radici nella Mesopotamia Antica

L'Epopea di Gilgameš, risalente al XVIII secolo a.C., è uno dei primi testi conosciuti che narra la storia di un diluvio imminente e della costruzione di un'arca per la sopravvivenza. Scritto in sumero e accadico, questo mito ha gettato le basi per molte altre narrazioni simili.

Oltre la Mesopotamia: Un Mito Globale

Tuttavia, il diluvio universale non è stato confinato alla Mesopotamia. Nel mondo antico, culture distanti e apparentemente isolate condividevano storie simili di diluvi catastrofici e di esseri umani o creature sopravvissuti in un'arca.

- Grecia: Deucalione e Pirra

Nella mitologia greca, Deucalione e Pirra, guidati da Zeus, sopravvivono a un diluvio lanciato per ripulire la corruzione umana. Gettando pietre dietro di loro, divennero i progenitori della nuova umanità.

- India: Manu e il Pesce Divino

La tradizione indù racconta di Manu, avvertito dal dio Matsya (un pesce), di un diluvio imminente. Manu costruisce un'arca per salvare se stesso, la sua famiglia e i saggi.

- Cina: Gun e il Diluvio di Gong Gong

Nella mitologia cinese, Gun costruisce un'arca per sfuggire a un diluvio causato dall'ira del dio Gong Gong, diventando così l'antenato dell'umanità dopo la catastrofe.

- Nord Europa: Ymir e il Diluvio di Sangue

Nella mitologia norrena, la morte di Ymir, un gigante primordiale, causa un diluvio di sangue. Solo Bergelmir e sua moglie sopravvivono su una barca di legno.

- Culture Amerinde: Diluvi tra Serpenti d'Acqua e Animali Salvatori

Nelle tradizioni delle popolazioni indigene americane, si trovano storie di diluvi causati da esseri come serpenti d'acqua, con animali che giocano un ruolo chiave nella sopravvivenza umana.

Divergenze Culturali: Gilgameš e l'Arca di Noè

Mentre questi miti condividono somiglianze sorprendenti, le differenze tra il mito mesopotamico e quello biblico, in particolare l'Arca di Noè, sono altrettanto rivelatrici.

- Motivazioni Divine

Nell'Epopea di Gilgameš, gli dèi scatenano il diluvio per ridurre la sovrappopolazione e porre fine al rumore umano. In contrasto, nella storia di Noè, il diluvio è una risposta divina alla corruzione e alla malvagità dell'umanità.

- Scopo dell'Arca

Nell'Epopea di Gilgameš, l'arca di Utnapištim è costruita principalmente per preservare la vita dell'eroe. Nel racconto biblico, l'Arca di Noè è concepita per ospitare Noè, la sua famiglia e due di ogni specie animale, servendo da mezzo per la rinnovazione della creazione.

- Conseguenze del Diluvio

Mentre il diluvio nella storia di Gilgameš porta a un rinnovamento con poca variazione nel destino dell'umanità, nel racconto biblico segna un nuovo inizio con un patto tra Dio e Noè.

Un'intreccio di Storie e Scambi Culturali

Il mito del diluvio universale è quindi un tessuto di narrazioni che ha superato confini geografici e temporali. La sua ubiquità ci invita a esplorare le similitudini che uniscono le storie di culture apparentemente distanti, mentre le differenze rivelano le sfumature e le variazioni uniche delle visioni teologiche e culturali.

In conclusione, il mito del diluvio, al di là delle sue manifestazioni culturali specifiche, si erge come un archetipo condiviso e, allo stesso tempo, come un prisma che rifrange le diverse prospettive delle civiltà antiche. La sua presenza tra le epoche è un richiamo alla persistenza delle narrazioni umane e alla loro capacità di attraversare e trasformare il tempo.

 

 
LEGGI ANCHE

 

 

sferoscienza

giovedì 22 aprile 2021

Fantastoria della fusione fredda dal 2022 al 2040

Le prime applicazioni domestiche della tecnologia LENR, che fino a qualche anno prima qualcuno ancora chiamava “fusione fredda”, presero piede già nel 2022 con l’uscita nel mercato di apparecchi sostitutivi di caldaie per l’acqua sanitaria ed il riscaldamento degli edifici. Il successo fu dovuto al crollo dei costi energetici per il riscaldamento in un periodo storico in cui i carburanti fossili vedevano quotazioni alle stelle, e che aveva favorito i conti delle famiglie proprio all'avvicinarsi di una regressione economica che stava mettendo in dubbio l'uscita dalla disastrosa crisi econcomica del 2008 e la ricaduta a causa della famosa pandemia di COVID-19 del 2020-2021, considerata ormai la peggiore crisi della storia recente dell'umanità. Le prime applicazioni erano rudimentali implementazioni termo-idrauliche derivanti direttamente dai banchi prova dei laboratori della Leonardo Corporation e di una decina di altre società innovative che si erano impegnate nella nuova tecnologia, ma già alla fine del 2024 la Apple rubò la scena mondiale annunciando il lancio sul mercato di una batteria che, sfruttando le tecnologie LENR applicate ad una matrice nanometrica piezonucleare (tecnologia che il marketing Apple battezzò "Matrix"), era in grado di convertire il calore prodotto dalle radiazioni nucleari a bassa energia direttamente in elettricità, e prometteva mesi di funzionamento di qualsiasi apparecchiatura elettronica senza alcuna ricarica. La prima "iPower" ad utilizzare la tecnologia Matrix aveva le dimensioni di un Mac Mini, ed era quindi utilizzabile solo come dock esterna agganciabile ai laptop della casa californiana come alimentazione da viaggio (solo nel 2028 il grado di miniaturizzazione della tecnologia Matrix permise di creare l'"iPhone M", il primo smartphone a garantire una autonomia di un anno); la grande novità fu comunque l’ingresso della Apple nel mercato dell’energia. Tale evento provocò uno sconvolgimento delle borse mondiali con tutte le società energetiche in crollo a vantaggio di quelle elettroniche quali la stessa Apple (che superò la quotazione di 4000 dollari ad azione superando Amazon), Huawei, Sony, LG, e l'allora neonata spin-off di Google: la Sunny corp. La Tesla, che aveva investito fin dall'inizio sulla propulsione elettrica tradizionale, inizialmente subì un crollo in borsa essendosi dimostrata all'improvviso una azienda non più innovativa come era stata invece sua prerogativa fondamentale, per riprendersi in seguito ad accordi commerciali proprio con la Sunny. La stessa Tesla nel 2029 cominciò a produrre, con concessione su brevetto Sunny, motori elettrici funzionanti senza i tradizionali avvolgimenti elettrici che venivano sostituiti con una pila LENR toroidale progettata per produrre un campo elettromagnetico rotante. I nuovi motori elettrici integravano così per la prima volta sia la parte motrice sia quella di potenza, dimezzando le dimensioni e aumentando l’efficienza; la Tesla cominciò ad utilizzare questa nuova tecnologia mettendo in produzione la famosa Tesla-L "Sunnyvale 4000" (in cui la "L" stava per "LERN") il cui slogan era “Dimenticatevi la carica" ("Forget the charge") potendo assicurare una autonomia di circa 6400 Km (4000 Miglia). Nei due anni successivi un upgrade avrebbe prima raddoppiato e poi triplicato quella autonomia senza nessuna ricarica. Dalla sostituzione dei motori tradizionali si passò ben presto, nel 2031, ad applicazioni militari con motori con propulsione a microonde alimentati da batterie LERN per i veicoli aerei, che con questa implementazione cominciarono a modificare la propria forma aerodinamica dato l'eccesso di spinta costantemente disponibile fornito dai nuovi propulsori, svincolandosi dalla portanza e convergendo verso forme ovoidali più consone a mantenere l’equilibrio tra volume trasportato e coefficiente di penetrazione dell'aria. Per i mezzi orbitali invece la conformazione della struttura microondica cominciò a convergere verso un aspetto discoidale.
Nel 2036 fu terminato l’allestimento della nuova stazione orbitante internazionale costruita con propulsione microondica alimentata da LENR “Gaia”. Nello stesso anno l'Europa, che otteneva l'unificazione politica del vecchio continente ad includere 37 vecchi stati nazionali con l'esclusione del Regno Unito ormai al collasso, aveva finanziato il progetto fortemente voluto dalla Leonardo Corporation - società che fino a qualche anno prima aveva fatto della distribuzione delle diverse miscele polverulente costituenti le ricariche per le batterie LENR il suo unico business; quest'ultima era poi stata acquisita nel 2037 dalla stessa holding della Tesla attraverso la SpaceX.
Il 2039 fu l’anno del cosiddetto “Scandalo gamma”, quando fu smascherato un complotto mondiale condotto dall’Istituto per il Controllo Climatico (emanazione dell’IPCC di cui dal 2024 era stata dimostrata l'insussistenza delle sue teorie a riguardo del riscaldamento globale), che aveva manipolato documenti con il fine di dimostrare che le radiazioni gamma, emesse delle reazione LENR ormai diffuse su scala planetaria, essendo queste a difficilmente termalizzabili, a suo dire si diffondevano nello spazio senza cedere energia in atmosfera e quindi, secondo i complottisti, sottraevano costantemente calore al pianeta con una nuova previsione catastrofica che avrebbe visto una nuova glaciazione nel decennio successivo. Il reo confesso Alan Gore a capo dell’istituto fin dal 2031, nipote di Al (divulgatore della famigerata "mazza da Hockey" riferita al grafico della proiezione anch'essa catastrofista dell'andamento delle temperature correlate al cosiddetto "Riscaldamento Globale", poi chiamato "Cambiamento Climatico" in base alle prime evidenze di raffreddamento del decennio 2010-2020, e poi ancora "Raffreddamento Antropico" nell'ultima declinazione truffaldina), portò con le sue dichiarazione all'arresto di settantacinque persone con l’accusa di truffa aggravata ai danni dell’umanità, ed allo smantellamento dell’istituto. Il 2040 fu l’anno in cui si dichiarò, in una riunione straordinaria dell’ONU, “La fine della fame nel mondo”, per merito della capacità dell’uomo di approvvigionarsi di energia illimitata, e facendo guadagnare all'umanità la classe di civiltà di tipo 1 secondo la scala di Kardašëv (anche se molti scettici negano tutt'ora il raggiungimento di tale obiettivo). Tutto il resto è storia dei nostri giorni.


sferoracconti

venerdì 6 luglio 2012

La particella di Dio spiegata a mia zia

Se ne fa un gran parlare, ma che cos'è effettivamente il Bosone di Higgs? Perché è considerato così importante? Cosa mai cambierà per la mia vita?

Si sa, quando la scienza fa notizia sui telegiornali ci sentiamo tutti improvvisamente un passo più vicini ad una civiltà di tipo 1 (ossia ad una civiltà progredita che ha completo controllo sul suo pianeta); ma andando ad approfondire sono in pochi a comprendere le reali implicazioni di una scoperta scientifica di questa portata, e nello specifico pochi Tg si sono spinti a spiegare cosa sia questo bosone, enfatizzando solamente l'interessante e comunicativo soprannome "La particella di Dio".

Il nome stesso ("The God Particle") è una trovata di marketing dell'editore del libro scritto dal premio Nobel Leon Lederman nel 1993, che originariamente avrebbe voluto intitolarlo "The Goddamn Particle", ovvero "La particella maledetta", dato che sfuggiva a qualsiasi tentativo di essere trovata.

I bosoni sono invece una categoria di particelle opposte ai fermioni, in quanti questi ultimi sono associabili alla materia, mentre i bosoni ai campi di forza come le interazioni nucleari o elettromagnetiche (o gravitazionali, ma il "Gravitone" ancora non è stato trovato). Ad esempio i fotoni sono bosoni, mentre gli elettroni sono fermioni.

Il Bosone di Higgs (ipotizzato dal fisico Higgs nel 1964, che è ancora tra noi, ateo e critico verso il nome "Particella di Dio"), è la particella che determina il modo in cui la materia possiede una massa; in altre parole se non ci fossero bosoni di Higgs nell'universo tutta la materia avrebbe massa nulla e sarebbero impossibili le aggregazioni di materia, per gravità che è proporzionale proprio alla massa, per formare stelle e pianeti e quant'altro.

Il meccanismo con cui il bosone di Higgs determina la massa delle particelle di materia è qualcosa di simile a come l'acqua del mare ad esempio determina la resistenza a fluire di vari oggetti: un idrodinamico siluro in questa analogia avrebbe una massa molto piccola, perché interagisce poco con la massa d'acqua circostante mentre ad esempio un autocarro avrebbe molte difficoltà a navigare sott'acqua perché ne sposterebbe talmente tanta da risultarne ostacolato e apparirebbe quindi "pesantissimo" da far avanzare. Così allo stesso modo le particelle che interagiscono poco con il bosone di Higgs risultano di massa piccola, mentre quelle che interagiscono parecchio con questo posseggono una massa elevata.

I bosoni di Higgs quindi determinano un campo (nell'accezione simile a quando si cerca il "campo elettromagnetico" per il telefonino) che permea tutto l'universo e che determina a sua volta la massa di tutta la materia.

A questo punto ci si può chiedere come mai venga data tanta enfasi a questa scoperta: ebbene, il bosone di Higgs era l'ultima delle 17 particelle che compongono il modello fisico attuale, il cosiddetto "Modello Standard", e l'averla individuata ne conferma la validità; questo spiega i vari miliardi di euro investiti nella sua ricerca. Inoltre studiando il bosone di Higgs, che non avevamo mai visto, e di come questo interagisca con le altre particelle, potremo avanzare la nostra conoscenza delle leggi della fisica e dell'Universo.


Approfondimenti:
Il Bosone di Higgs, Wikipedia

sferoscienza

mercoledì 12 ottobre 2011

Una nuova speranza


Una nuova invenzione promette di portare la fusione fredda su tutte le caldaie del mondo: il silenzio dell’informazione, le negazioni della scienza ufficiale, le diatribe brevettuali.


Se c’è qualcosa Andrea Rossi ha sicuramente acceso, con la collaborazione del fisico Sergio Focardi, questa è per lo meno la speranza che la sua invenzioni funzioni. E mentre nel Web infuriano polemiche non scevre da insulti tra blogger e accademici, migliaia di cuori battono forte nell’attesa che la speranza divenga presto realtà. L’immagine che ci si forma è molto simile a quella che abbiamo appena visto con la notizia dei neutrini superluminari: i principali telegiornali annunciano la scoperta, programmi di approfondimento dedicano ampi spazi, la notizia rimbalza sui social network, si moltiplica sui blog, vengono rilasciate dichiarazioni dai politici, dagli industriali…

Torniamo indietro di qualche passo (22, per la precisione). L’anno scorso comincia a circolare per la rete la notizia che un inventore italiano, Andrea Rossi, sia vicino alla commercializzazione di un apparecchio rivoluzionario, legato a tecnologie controverse ed ad un catalizzatore segreto, che promette di generare energia per mezzo di fusione fredda (o LENR, come la definiscono per allontanare lo spettro di Fleishman e Pons), a costi irrisori, senza emissioni e rifiuti, anzi, producendo prezioso rame per la trasmutazione dell’economico nichel.

Tanto per capirci, significherebbe che già dall'anno prossimo potremmo sostituire le nostre caldaie casalinghe e fare a meno di metano, o gasolio: solo una ricarica da un chilo di nichel l'anno o giù di lì. Senza contare le applicazioni a livello industriale, le centrali elettriche (niente più petrolio, carbone, tantomeno fissione nucleare...).

Naturale che la comunità scientifica, di fronte a tali informazioni, non reputi neanche di doversi pronunciare, tanto sembra costruito ad arte per finire su Striscia la Notizia tra le bufale dell’anno.

Però, ecco la cosa interessante, la macchina in questione, funziona.

O per lo meno sembra funzionare, per lo meno dopo diverse dimostrazioni effettuate con un pubblico selezionato e ristretto e divulgate in Rete. L’E-Cat, Energy Catalizer del Dott. Rossi, con grande soddisfazione degli astanti, scalda più, molto di più di quanta energia gli venga fornita. Ad oggi tutti concordano che non sia stata effettuata una dimostrazione definitiva al di là di ogni dubbio (“dove sono nascoste le batterie?”) vuoi per una certa “approssimazione” del metodo scientifico utilizzato da Rossi, vuoi perché Rossi dichiara di non essere interessato ad una validazione ufficiale dato che per lui l’importante sarà il successo che l’e-gatto otterrà sul mercato.

Nel frattempo fino ad oggi impera, al di fuori della rete, l’assordante silenzio di tutte le televisioni, di tutti i giornali, di tutte le trasmissioni nazionali di approfondimento. Eppure alcuni articoli sono usciti in tempi diversi su Repubblica, Focus, Il Resto del Carlino, togliendo ogni scusa al resto dell’informazione ufficiale che rimane bucata e apparentemente disinteressata. Ma se una notizia possiede una importanza proporzionale alla vicinanza e al numero di persone interessate, non si capisce perché una invenzione italiana che potrebbe sconvolgere (non è una iperbole) il mondo, passi così trascurata. Al tempo di Fleishman e Pons la stampa importante diede fiato alle trombe promettendo un mondo migliore nel medio-lungo periodo. Ora, che l’applicazione commerciale sembra alle porte, abbiamo il ministro dell’educazione e della ricerca che preferisce fare strane dichiarazioni per altri tunnel di cui non capisce bene la lunghezza.

E dire che a Rossi farebbe proprio comodo un finanziamento pubblico per la ricerca, dato ormai a cane e porci per ricercare cose molto più improbabili e molto, ma molto meno importanti, che l’inventore potrebbe spendere presso l’Università di Bologna per dei test con validità accademica sull’E-Cat (pare che l’UniBO abbia chiesto a Rossi 500.000 euro per prendere in carico la ricerca. Ma perché una Università non sarebbe interessata a ricercare per suo conto su un argomento con tali implicazioni?).

Che cosa succederebbe se l’E-cat venisse commercializzato? Proviamo ad ipotizzare. L’economicità della produzione energetica ed il piacere della novità spingono milioni di utenze, nel mondo, a far uso di energia prodotta da LENR. La richiesta di petrolio, crolla, e con essa le emissioni delle tanto vituperate emissioni di CO2. Gli scienziati, i politici, i faccendieri che lucrano sui sistemi di Emission Trading (scambio e commercio di anidride carbonica per le finalità del controllo del riscaldamento globale), crollano o non sono più utili. Le centrali nucleari tradizionali, a fissione, chiudono o vengono convertite alle LENR. Le aziende energetiche che non si convertono alla LENR crollano in borsa. Le compagnie che si basano sulle energie rinnovabili che non si convertono alle LENR, crollano (l’E-Cat è molto più pulito ed economico di qualsiasi solare, eolico o che dir si voglia). Il Medio Oriente e l’OPEC, crollano, niente più miliardi per le guerre di religione. Tra l’altro quei territori diverrebbero poco interessanti per le potenze straniere, facendo decadere le fondamenta dei conflitti. I costi di produzione e di trasporto diventano più convenienti, le merci meno costose, si aprono nuovi mercati. Più persone possono accedere a beni che prima non potevano comprare, diminuisce la povertà nel mondo. I PIL degli stati si impennano. A sorpresa la Grecia, che in Europa ha le maggiori risorse di estrazione per il nichel, vede rifiorire la propria economia.

Chiaro che Rossi sia cauto a non volere troppa pubblicità, a pensar bene, e visto che l’inventore ha già subito in passato guai giudiziari per la vicenda della Petroldragon che prometteva un metodo innovativo per la produzione di carburanti dai rifiuti, sembra quasi opportuno che il mondo ne resti all’oscuro fino all’ultimo momento, visto gli interessi in gioco (nei film di spionaggio si uccide per molto meno).

Per questo vogliamo tralasciare le vicende brevettuali tra Rossi e la Defkalion, società greca con cui Rossi aveva iniziato una collaborazione finita in mano ad avvocati (e che promette di commerciale a breve il suo E-Cat, l’Hyperion), un misterioso cliente americano, i detrattori giurati, un impianto da un megawatt da testare il 28 Ottobre (in foto), vicende legali legate alle leggi statunitensi sul trasporto di materiale nucleare, e tanti conteggi e riconteggi energetici da far venire il capogiro.

E alla fine non ci interessa neppure molto la posizione della termocoppia di tipo k sull’uscita del circuito secondario. Vogliamo solo lasciare accesa la speranza che l’E-cat illumini, un giorno, le strade del mondo.

Approfondimenti e aggiornamenti:
Focus: La fusione fredda su Focus.it
Il sole 24 ore: Fusione fredda, la sfida continua

sferotecnologia

venerdì 3 settembre 2010

Hawking, 10 perle di saggezza

Visto che dopo la pubblicazione del suo ultimo libro "The Grand Design", in Italia si sprecano e si rincorrono le discussioni su nient'altro che l'affermazione di Stephen Hawking di come non sia necessario Dio per spiegare l'esistenza dell'Universo ma siano sufficienti le leggi già scoperte dalla scienza, ecco per rendere omaggio e giustizia ad una delle più grandi menti del nostro tempo la traduzione delle sue "Dieci perle di saggezza" pubblicate dal Telegraph.

Stephen Hawking sul motivo dell’esistenza dell’Universo:
“Se trovassimo questa risposta, sarebbe il più grande successo della ragione umana – avremmo capito la mente di Dio.”
A Brief History of Time

Su Dio:
“Dato che c’è una legge come la gravità, l’Universo può e creerà se stesso dal nulla … Non è necessario invocare Dio per suonare la fanfara e far cominciare l’Universo.”
Hawking: God did not create Universe, The Times

Sul contatto con forme di vita aliene:
“Penso che sarebbe un disastro. Gli Exaterrestri sarebbero probabilmente molto più avanzati di noi, La storia di civiltà avanzate che incontrano popoli più primitivi non è stata molto felice in questo pianeta, ed erano della stessa specie. Penso che dovremmo abbassare gli sguardi.”
Naked Science: Alien Contact, The National Geographic Channel

Sulla editoria:
“Qualcuno mi ha detto che ogni equalzione che avrei incluso nel libro avrebbe dimezzato le vendite. Quindi io ho risolto senza mettercene neanche una.”
A Brief History of Time

Sui virus informatici:
“Forse ci dice qualcosa sulla natura umana, il fatto che l’unica forma di vita che abbiamo mai creato sia puramente distruttiva.”
Life in the Universe, public lecture

Sull’Eutanasia:
“La vittima dovrebbe avere il diritto di metter fine alla sua vita. Ma penso che sarebbe un grande errore. Comunque la vita possa apparire brutta, c’è sempre qualcosa da poter fare, e far bene. Finchè c’è vita, c’è speranza.”
People's Daily Online

Sulla celebrità:
“Il rovescio della medaglia della mia celebrità è che non posso andare da nessuna parte nel mondo senza essere riconosciuto. Non mi basta indossare occhiali da sole e una parrucca. La sedia a rotelle mi frega sempre.”
Interview on Israeli television

Sull’arte dell’arrangiarsi:
“Per mostrare questo diagramma come si deve, avrei senz’altro bisogno di uno schermo quadrimensionale. Però, a causa dei tagli governativi, ci arrangeremo fornendo solamente uno schermo a due dimensioni.”
The Beginning of Time, public lecture

Sull’imperfezione:
“Senza imperfezione, voi od io non esisteremmo.”
Into the Universe with Stephen Hawking, The Discovery Channel

Su Stephen Hawking:
“E’ uno spreco di tempo compiangere la mia disabilità. Nella vita bisogna andare avanti e io non me la sono cavata male. La gente non perderebbe tempo con te se fossi sempre triste o a lamentoso.”
Return of the time lord, The Guardian





Originale - Stephen Hawking: ten pearls of wisdom

sferoscienza