venerdì 27 dicembre 2024

Manu e Matsya: il Diluvio Universale nel racconto Indù


La mitologia indiana offre una narrazione affascinante del diluvio universale attraverso il racconto di Manu e Matsya, il pesce divino. Questo mito, profondamente radicato nella tradizione vedica e puranica, si distingue per la sua ricchezza simbolica e la profondità delle sue interpretazioni filosofiche, presentando al contempo notevoli paralleli con altre narrazioni di diluvio universale presenti in diverse culture.
 
Le Fonti del Mito

Il racconto si trova in molteplici fonti della letteratura indiana, ciascuna delle quali contribuisce a arricchire e stratificare il significato del mito. La versione più antica è contenuta nel Śatapatha Brāhmaṇa, un testo vedico associato al Yajurveda, databile intorno al IX-VIII secolo a.C. In questo testo, viene descritta la prima interazione tra Manu, progenitore dell'umanità, e il pesce divino che lo avverte del diluvio imminente.

Il Mahābhārata, composto tra il IV e il II secolo a.C., riprende il mito come esempio paradigmatico di devozione e rettitudine, presentando Manu come il primo uomo e progenitore della nuova umanità. Una versione più elaborata compare nel Bhāgavata Purāṇa, testo del X secolo d.C., dove il pesce viene esplicitamente identificato come un'incarnazione (avatāra) di Vishnu. In questa versione, il pesce non si limita ad avvertire Manu del diluvio, ma assume un ruolo attivo nel guidare l'arca durante la tempesta, legandola al proprio corno con una corda sacra.

Un elemento significativo introdotto in questa versione è il salvataggio dei Veda, i testi sacri, dalle forze del caos rappresentate dal demone Hayagriva, sottolineando così l'importanza della preservazione della conoscenza sacra per la continuità dell'ordine cosmico. Il Matsya Purāṇa dedica un intero capitolo al racconto del diluvio, enfatizzando il ruolo di Vishnu come protettore dell'universo. Questo testo, strutturato come un dialogo tra Manu e Matsya, comprende circa 14.000 śloka (versi), equivalenti a oltre 250.000 parole, rappresentando così la versione più estesa del mito disponibile.
 
Sinossi del Mito

La narrazione inizia con un evento apparentemente ordinario: mentre il Re Manu sta eseguendo il suo bagno rituale nelle acque del fiume, scorge un piccolo pesce che gli si avvicina chiedendo protezione dal pericolo di essere divorato dai pesci più grandi. Manu, mosso da compassione, accoglie il pesce in un piccolo vaso d'acqua. Da questo momento inizia una straordinaria sequenza di eventi: il pesce cresce continuamente, richiedendo contenitori sempre più grandi. Da un piccolo vaso viene trasferito in uno più grande, poi in un laghetto, quindi nel fiume stesso e infine nel mare.

Quando il pesce raggiunge dimensioni gigantesche, rivela la sua vera natura: è Vishnu stesso, il Signore Supremo, che ha assunto quella forma per salvare Manu e aiutarlo a preservare la creazione. Avverte quindi Manu dell'imminente diluvio e gli fornisce istruzioni precise: dovrà costruire una nave sufficientemente grande da contenere i sette saggi (Saptarishi), i semi di tutte le varietà di piante e alberi, e coppie di ogni specie animale. Nulla di vitale per il rinnovamento del mondo deve andare perduto.

Vishnu promette di guidare personalmente la nave attraverso le acque tempestose, indicando a Manu di legarla al suo corpo con una corda d'oro. Quando il diluvio avrà fine, la nave verrà condotta sulla cima della montagna Meru, dove i sopravvissuti troveranno rifugio. Manu segue scrupolosamente le istruzioni divine e, quando il diluvio inizia, le acque sommergono ogni cosa. La nave, protetta da Vishnu, rimane intatta mentre il pesce divino la guida attraverso le acque tumultuose.
 
La ricostruzione del racconto

Ecco una versione integrata dei racconti del diluvio contenuti nel Matsya Purana e nel Vana Parva del Mahabharata, unendo gli elementi principali di entrambi i testi in un unico racconto.

In tempi antichi viveva un uomo santo, chiamato Manu, il quale, grazie a penitenze e preghiere, aveva conquistato il favore del Signore del cielo. Era noto per la sua rettitudine e la sua devozione, e un giorno, mentre si lavava le mani con l’acqua portata per le abluzioni, accadde un evento straordinario: un piccolo pesce apparve tra le sue dita e, con voce umana, disse: "Prenditi cura di me, e io sarò il tuo salvatore."

Manu, stupito, domandò: "Da cosa mi salverai?"
Il pesce rispose: "Un grande diluvio si abbatterà sulla terra e spazzerà via tutte le creature viventi. Ma io ti salverò da quella distruzione."

Incuriosito e commosso, Manu chiese: "E come posso proteggerti?"
Il pesce spiegò: "Finché siamo piccoli, siamo in costante pericolo di distruzione, perché i pesci mangiano altri pesci; dunque tienimi in un vaso. Quando diventerò troppo grande per il vaso, scava un fosso e metti me lì; quando supererò anche il fosso, portami nell'oceano. Lì, sarò fuori pericolo."
Manu seguì le istruzioni del pesce. Lo mise dapprima in un vaso, poi, man mano che cresceva, scavò un fosso per ospitarlo. Infine, lo portò nell'oceano, dove il pesce si rivelò essere una forma del dio Vishnu. Il pesce, che aveva ormai raggiunto dimensioni enormi, parlò di nuovo a Manu: "In un determinato anno, il diluvio arriverà. Costruisci una nave capace di affrontare le acque turbolente e rendimi omaggio. Quando l’acqua salirà, sali sulla nave, e io ti guiderò verso la salvezza."

Manu lavorò instancabilmente e, quando l’anno predetto arrivò, era pronto. Costruì una grande nave e vi portò semi di ogni pianta, oltre ai sette saggi (sapta rishi), come gli era stato indicato. Quando il diluvio iniziò a sommergere la terra, il pesce apparve. Aveva un grande corno dorato, al quale Manu legò la corda della nave.

Le acque si sollevarono fino a sommergere il mondo intero. La nave di Manu fu scossa da venti violenti, le onde si infrangevano furiosamente, e il cielo e l’oceano sembravano fondersi in un infinito caos liquido. Non c’era più terra visibile, né orizzonte; solo l’immensità del mare, con Manu, i sette saggi e il pesce che trainava la nave.

Per anni il pesce instancabile trascinò la nave attraverso le acque turbolente, fino a raggiungere la cima della montagna Himavān. Una volta lì, il pesce si rivolse a Manu con dolcezza: "Lega la tua nave a questo albero sulla montagna. Quando le acque cominceranno a ritirarsi, scendi lentamente seguendole. Sappi che io sono Brahmā, il Creatore di tutto. In questa forma ti ho salvato. Da te, Manu, nascerà una nuova creazione. Sarai il progenitore di uomini, dèi e asura. Tutto ciò che esiste avrà origine da te."

Manu obbedì, legando la nave al punto indicato. Man mano che le acque si ritiravano, egli discese dolcemente dalla montagna, osservando un mondo purificato e pronto per una nuova creazione. Così, dal grande diluvio, solo Manu, i sette saggi e il pesce rimasero come custodi del futuro, preservando la conoscenza, la vita e l’ordine cosmico.
 
Le Interpretazioni Filosofiche

Il mito ha attirato l'attenzione di importanti commentatori filosofici, che ne hanno esplorato i significati più profondi. Tra questi, Śaṅkara e Rāmānuja hanno offerto interpretazioni particolarmente significative, basate sulle loro rispettive visioni filosofiche.

Śaṅkara, uno dei più influenti filosofi indiani, è noto per la sua dottrina dell’Advaita Vedānta, che afferma l’unità assoluta di Brahman (la realtà suprema) e l’anima individuale (Atman). La sua interpretazione del Matsya Purāṇa si concentra principalmente sull’aspetto simbolico della manifestazione divina.

Śaṅkara vede la manifestazione di Vishnu come pesce (Matsya) come un atto simbolico di Brahman che si manifesta nel mondo per guidare l’umanità attraverso le acque turbolente dell’illusione (Māyā). In questo senso, il pesce rappresenta la divinità che assume una forma per aiutare le anime a superare le difficoltà del mondo materiale e per raggiungere la liberazione (Mokṣa). Il pesce è visto come una manifestazione temporanea, destinata a essere superata una volta che l’umanità ha compreso la verità ultima di Brahman. Il mito del diluvio, quindi, è un’allegoria della purificazione dell’anima che, attraverso il bene divino, è guidata fuori dalla confusione e dall’ignoranza verso la verità dell’unità assoluta.

il diluvio rappresenta le acque dell’illusione cosmica che sommergono l’anima individuale. La nave di Manu, salvata dal pesce, è un simbolo del corpo umano che può essere guidato dalla saggezza divina (rappresentata dal pesce) verso la salvezza. La vera salvezza non si trova nella protezione fisica, ma nella realizzazione della propria identità con Brahman. In questo senso, Śaṅkara enfatizza che Vishnu, come pesce, non salva fisicamente l’individuo, ma lo guida simbolicamente verso la realizzazione della verità universale. Il mito, quindi, insegna che solo la conoscenza della realtà ultima può liberare l’anima dal ciclo di morte e rinascita (saṃsāra).

In definitiva Śaṅkara considera il ruolo di Manu nel mito come quello di un essere che, attraverso la sua virtù, è in grado di ripristinare l’ordine cosmico. Tuttavia, egli non lo vede come un salvatore individuale. Piuttosto, Manu è simbolo dell’anima individuale che, attraverso la protezione divina, può restaurare la verità e l’ordine sulla Terra, in sintonia con l’universalità di Brahman.

Rāmānuja, un altro grande commentatore, sviluppò la scuola Vishishtadvaita Vedānta, che enfatizza l’unità di Brahman con le sue manifestazioni individuali (tutti gli esseri viventi, incluse le divinità). La sua visione è più personale e teocentrica rispetto a quella di Śaṅkara.

Rāmānuja infatti interpreta la figura di Vishnu (e quindi del pesce) come una manifestazione personale e attiva della divinità. A differenza di Śaṅkara, che vede la divinità come una realtà impersonale, Rāmānuja vede Vishnu come un Dio personale e attivo, che si preoccupa direttamente del benessere degli esseri viventi e interviene nella storia per proteggerli. La manifestazione di Vishnu come pesce non è solo simbolica, ma è un atto divino concreto di salvezza. Vishnu, come divinità suprema, salva Manu e tutte le forme di vita attraverso la sua grazia e misericordia.

Nel sistema di pensiero di Rāmānuja, il diluvio è un atto di misericordia divina. Vishnu, in forma di pesce, interviene per salvare le creature che sono ancora in grado di ricevere la sua grazia, mentre distrugge quelle che sono corrotte e incapaci di seguire la retta via. Rāmānuja sottolinea che, attraverso il suo intervento, Vishnu non solo preserva la vita, ma offre anche una via per la liberazione e la protezione della giustizia divina. Il pesce guida la nave di Manu e garantisce che la salvezza sia accessibile solo a coloro che meritano la grazia divina attraverso il loro comportamento e la loro devozione.

Manu non è solo un salvatore, ma un esempio di devoto che ha ricevuto la grazia divina. Il suo comportamento virtuoso gli consente di ricevere l’aiuto di Vishnu, che lo salva dal diluvio; è simbolo dell’anima devota che, attraverso la fede e il comportamento giusto, ottiene la benedizione e la guida del divino. In questa visione, Rāmānuja enfatizza la relazione personale tra l’anima e Dio, dove Vishnu è il salvatore che guida il devoto alla salvezza. Il mito, quindi, insegna che la devozione e la giustizia sono essenziali per ricevere la protezione di Dio.

Dopo il diluvio, la Terra viene ripopolata e ristabilita, ma questo processo di rinascita avviene grazie all’intervento diretto di Vishnu. Rāmānuja sottolinea che la creazione, in ogni suo aspetto, è sotto la cura e la protezione di Vishnu, che non solo distrugge il male, ma restaura anche l’ordine e la giustizia.

La rinascita dell’umanità e delle specie viventi rappresenta un atto di grazia divina che preserva l’ordine cosmico. Rāmānuja quindi interpreta il mito come un insegnamento che Dio protegge sempre i devoti e ripristina l’ordine universale, non solo fisicamente ma anche moralmente.
 
Il Simbolismo della Crescita del Pesce

La crescita progressiva del pesce divino rappresenta una potente analogia dell'aspirazione cosmica. Questo processo di crescita, che richiede contenitori sempre più grandi, simboleggia diversi livelli di evoluzione spirituale e cosmica. Il pesce che cresce rapidamente rappresenta un processo spirituale o evolutivo che non può essere contenuto o limitato: inizialmente piccolo, simboleggia un potenziale spirituale o divino che, man mano che la coscienza cresce, diventa sempre più potente e difficilmente contenibile.

I contenitori nel racconto (dal vaso al fiume, e poi al mare) sono i simboli dei vari stadi di esistenza o delle limitazioni dell’esperienza terrena. Inizialmente, il pesce vive in un piccolo contenitore, che rappresenta l’ignoranza o la limitazione della percezione umana. Man mano che il pesce cresce, viene liberato da questi spazi ristretti, simboleggiando il percorso di liberazione (moksha) dal confinamento del corpo fisico e dalla materialità, verso una forma di esistenza più vasta e divina. Questo rappresenta il passaggio dalla limitata esistenza individuale alla realizzazione di una realtà più grande e universale. Riflette l’espansione della coscienza dal piano materiale a quello spirituale o cosmico, in cui ogni fase rappresenta un cambiamento nella comprensione e nel controllo della realtà.

È fondamentale notare come in questa fase del mito emerga un aspetto cruciale spesso sottovalutato: il ruolo attivo di Manu nel processo di manifestazione divina. È infatti attraverso le sue azioni consapevoli - l'accettazione di trasferire il pesce in contenitori progressivamente più grandi - che si permette l'evoluzione del divino fino alla sua completa rivelazione come Vishnu. Questo dettaglio è di importanza capitale, poiché suggerisce che l'uomo è mezzo e artefice della manifestazione della divinità salvatrice e, conseguentemente, della salvezza del Cosmo stesso, e rovescia il rapporto di casualità tra l'uomo ed il divino.
 
Infatti Vishnu ha bisogno dell'uomo per trasmutare da una situazione di pericolo nella quale addirittura potrebbe essere divorato dai pesci più grandi, e quindi di sostanziale impotenza di agire se non quella di informare, ad una situazione di salvatore cosmico. L'uomo con le sue azioni realizza sia la potenza che il disegno divino.
 
Confronto con il Mito dell'Arca di Noè

Il confronto con il mito biblico dell'Arca di Noè rivela sia somiglianze che differenze significative. Entrambi i racconti narrano di un grande diluvio che purifica la Terra, ma le modalità, i protagonisti, le motivazioni e i simboli implicati variano notevolmente.
 
Una differenza fondamentale risiede nel ruolo attivo che Manu svolge nel processo di manifestazione divina. Mentre nel racconto biblico Noè è principalmente un esecutore delle istruzioni divine, nel mito indù Manu partecipa attivamente al processo di rivelazione divina attraverso le sue azioni di cura e protezione del pesce che gli si è rivelato. Questa differenza riflette una diversa concezione del rapporto tra umano e divino nelle due tradizioni.
 
Vishnu cala nel piano fisico assumendo attivamente la forma di un pesce per guidare Manu, e in questa forma necessita della protezione dell'uomo per proteggere il cosmo. Nel racconto biblico Dio interviene attraverso il suo Verbo, e senza assumere una forma fisica. Non ha nessun bisogno dell'umanità la cui distruzione è il suo stesso disegno, ma le concede la salvezza istruendo Noè.

Nel racconto indù il diluvio è un evento inevitabile del quale il divino avvisa l'umanità attraverso Manu, proponendosi all'uomo come strumento per  la conservazione dell'ordine universale e non come artefice della distruzione. Nel racconto biblico, il diluvio è invece principalmente un atto di giustizia divina contro la corruzione umana e in questo caso è punizione e, allo stesso tempo, purificazione tant'è che dopo il diluvio, Dio promette di non distruggere mai più la Terra con un diluvio. 
 
In entrambe le versioni, una volta salva, la Terra è purificata e pronta per un nuovo ciclo di vita. Il concetto di rigenerazione è centrale: il diluvio è un’opportunità per rinnovare e ripristinare l’ordine cosmico. Manu, con l’aiuto dei saggi, ricostruisce la civiltà e la rinnova. Nel mito di Noè, dopo il diluvio, la Terra è anch’essa purificata e il mondo riprende a prosperare, anzi, Dio fa un patto con Noè e la sua discendenza promettendo di non punire più la Terra con un diluvio. L’arcobaleno diventa il simbolo di questa promessa divina, e il mito si conclude con un messaggio di speranza e rinnovamento.

Nel Matsya Purana e nel Mahabharata il pesce, che assume una forma divina (Vishnu), rappresenta la salvezza diretta e l’intervento divino. La sua crescita simbolizza l’espansione della coscienza o della potenza divina che è necessaria per la salvezza dell’umanità. La nave è un rifugio materiale, ma il pesce è il vero salvatore. Per Noè l’arca è il rifugio fisico che preserva la vita durante il diluvio. Essa rappresenta la fede e l’obbedienza, ma è l’azione di Dio che consente la salvezza. In questo caso, l’arca è il simbolo tangibile di salvezza, ma la salvezza stessa è affidata all’intervento divino.

Entrambi i miti presentano la storia di un grande diluvio che distrugge il male e purifica la Terra, ma differiscono nel modo in cui il salvataggio avviene. Mentre il mito di Noè si concentra sulla giustizia di Dio e sull’obbedienza umana, il racconto di Manu enfatizza la protezione divina diretta e l’ordine cosmico. Entrambi i racconti, pur essendo narrativamente e culturalmente distinti, esplorano temi universali come la giustizia, la salvezza, il rinnovamento e la rigenerazione della vita sulla Terra.
 
Il Simbolismo del Pesce nelle Tradizioni 
 
Nel contesto indiano, il pesce rappresenta:
- La manifestazione diretta di Vishnu
- Un simbolo di protezione e guida divina
- Il veicolo della salvezza cosmica
- La rappresentazione dell'evoluzione spirituale

Nel cristianesimo primitivo, il pesce (ΙΧΘΥΣ in greco) assume significati particolari:
- Diventa simbolo di Cristo stesso
- Funge da segno di riconoscimento tra i primi cristiani
- Rappresenta la rinascita spirituale
- Si lega al sacramento del battesimo
 
Viṣṇu

Vishnu, una delle principali divinità dell’induismo, è il conservatore e protettore del cosmo, parte della Trimurti insieme a Brahmā (il creatore) e Śiva (il distruttore). Per gli induisti, Vishnu rappresenta l’ordine, la giustizia e la benevolenza. È spesso raffigurato con la pelle blu, simbolo del cielo infinito e dell’oceano cosmico, e con quattro braccia che impugnano attributi simbolici: la conchiglia (shankha), il disco (chakra), la mazza (gada) e il fiore di loto (padma). Viṣṇu è celebre per le sue dieci incarnazioni (avatara), che discendono sulla terra quando il dharma (ordine morale) è minacciato, per ripristinare l’equilibrio. Tra le più conosciute vi sono Rama, Krishna e, appunto, Matsya, il pesce divino. Vishnu
incarna un principio universale di protezione e compassione, rendendolo una figura centrale nella spiritualità indiana, venerata attraverso templi, preghiere e racconti epici come il Mahabharata e il Ramayana.
 
Conclusioni

Il mito di Manu e Matsya rappresenta un complesso intreccio di significati spirituali, cosmologici e morali. La sua ricchezza simbolica, le molteplici interpretazioni filosofiche e i paralleli con altre tradizioni religiose ne fanno un testo fondamentale per comprendere non solo la spiritualità indiana, ma anche i temi universali della salvezza, della purificazione e del rinnovamento che attraversano le diverse culture umane.
 
Il diluvio non è una punizione divina ma un evento catastrofico del quale il dio avvisa l'uomo, e questi attraverso la propria volontà protegge e rende potenza sia al dio che alla sua azione.
La figura di Vishnu emerge come protettore e conservatore del cosmo, incarnando principi universali di protezione e compassione, ma questa protezione divina si realizza pienamente solo attraverso la cooperazione attiva dell'essere umano, rappresentato da Manu, suggerendo una visione della spiritualità in cui divino e umano sono interconnessi in un rapporto di reciproca necessità per la realizzazione del piano cosmico di salvezza e rinnovamento.
 
 
 
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